Ristoranti | 20 febbraio 2021

Arrivano le Dark kitchen: la cucina del futuro sarà invisibile

Dove sono e come funzionano i ristoranti Dark, che affascinano clienti e chef stellati. A Milano e a Montecarlo le prime esperienze di successo.

Arrivano le Dark kitchen: la cucina del futuro sarà invisibile

Entro il 2030, secondo una recente ricerca della banca d’investimenti Ubs, la maggior parte dei pasti attualmente consumati a casa saranno ordinati online e consegnati già pronti. Cambieranno completamente le nostre abitudini: sempre meno serate al ristorante e sempre meno piatti acquistati già pronti al supermercato.

E secondo queste previsioni il servizio d’asporto e a domicilio continuerà a crescere senza conoscere rallentamenti.

E il food delivery, con il quale tutti i ristoratori si sono confrontati durante il lockdown, si muove e si evolve in Dark Kitchen. Sono le cucine centralizzate e chiuse al pubblico, dove gli chef preparano i piatti destinati alla consegna a domicilio. Nelle Dark Kitchen non ci sono clienti e non operano camerieri, ma soltanto chef che consegnano ai rider i piatti richiesti. La casa diventerà così il ristorante, dove consumare il pasto con la famiglia o con gli amici.

È un trend internazionale, che si sta sviluppando in particolare nelle grandi città, ed è collegato con la crescita delle applicazioni di food delivery, che consentono di ordinare e gustare i piatti dei migliori ristoranti, rimanendo tranquillamente a casa da soli, in famiglia o con gli amici. Potremo stupire i nostri invitati con preparazioni di grande eccellenza, che dobbiamo soltanto scaldare e servire seguendo le facili istruzioni dello chef.

Le Dark Kitchen presentano grandi vantaggi: garantiscono più rapidità ed efficienza nella gestione degli ordini e razionalizzano i costi. Inoltre nello stesso luogo, la dark kitchen, possono coesistere proposte gastronomiche diverse con la presenza di più chef, che si potranno concentrare solo su ciò che viene prodotto, ordinato e inserito nel menu.

Un fenomeno interessante e da seguire con attenzione perché apre uno scenario completamente nuovo. Una minaccia per la ristorazione tradizionale, già provata duramente dalle chiusure dovute alla pandemia, ma che apre anche nuove opportunità.

A Milano è già operativa la Delivery Valley, che in pochi mesi di attività si è conquistata una significativa presenza nel mercato del food delivery della città ed ha coinvolto anche grandi chef come Carlo Cracco e Bruno Barbieri. I suoi fondatori sono Maurizio e Alida, ex finalisti di Masterchef, che prima di avviare questa attività hanno studiato a lungo il mercato per arrivare a definire un'offerta di prodotti di alta qualità ad un prezzo corretto, che sta incontrando un grande interesse.

Sempre a Milano c'è Kuiri Lab, dove operano stabilmente 5 virtual brand, che offrono servizi di delivery e take away. A differenza delle tradizionali Dark Kitchen, il servizio promosso da “Kuiri” offre cucine a vista che, oltre a permettere al cliente di vedere cosa succede al loro interno, consentono anche il servizio d’asporto. Il grande successo riscontrato da questo primo esperimento hanno creato i presupposti per l’apertura di un secondo laboratorio. Un nuovo format, che si articola in spazi di circa 15 mq attrezzati con le migliori tecnologie a supporto. Le cucine preallestite sono comprensive di zona per il lavaggio e deposito per lo stoccaggio, ma anche di un servizio di pulizie delle zone comuni, con possibilità di personalizzazione in base alle esigenze del brand, un servizio di sorveglianza, nonché un servizio di assistenza costante e di formazione per l’utilizzo del software gestionale.

 

Il Render del nuovo laboratorio Kuiri di via Melchiorre Gioia a Milano

“Il nostro rappresenta il primo brand italiano di un modello di business –spiega Paolo Colapietro, CEO di ‘Kuiri’ - che sta esplodendo sia in Italia che nel mondo e che prevede una crescita notevole nei prossimi anni. Ci qualifichiamo come un vero e proprio co-working nel settore della ristorazione e, a pochi mesi dall’apertura del primo Lab, la nostra società è già stata valutata per 3 milioni di euro e da qui al prossimo anno puntiamo a chiudere un round di finanziamento molto importante finalizzato a una ulteriore espansione che ci porterà ad avere fino a 60 ‘smart kitchen’ su tutto il territorio italiano nei prossimi 24 mesi. Durante la pandemia le persone si sono digitalizzate, il consumatore ha preso confidenza e fiducia nel delivery e molti ristoratori sono stati costretti ad investire in questo campo. Motivo per cui siamo sicuri di approdare presto nelle principali città italiane e, più avanti, anche europee. Siamo consapevoli del fatto che il nostro sia un progetto giovane, ma al tempo stesso solido, orgogliosamente italiano e con grandi ambizioni, per questo riteniamo di poter competere a pieno titolo con i grandi brand internazionali che presto arriveranno sul territorio italiano”.

Una macchina inarrestabile, in grado di rispondere alle esigenze di questo difficile momento e che presto potrà trasformarsi in un franchising alimentato da imprenditori che vorranno riconvertire non solo ristoranti, ma anche palestre, garage o locali inutilizzati, in cucine in condivisione, contribuendo così alla riqualificazione di spazi vuoti o abbandonati.

Anche nella vicina Montecarlo il fenomeno è in crescita: Il gruppo Giraudi, che è proprietario del ristorante Beefbar, sta lavorando a un progetto che prevede una grande cucina centrale con al suo interno una decina di postazioni dark kitchen in grado di fornire preparazioni tradizionali, ma anche orientali ed etnici. Il tutto ovviamente cucinato nella stessa cucina e consegnato velocemente ai clienti.

Sarà questo il futuro della ristorazione dopo l’emergenza sanitaria?

Ai posteri l'ardua sentenza.

Claudio Porchia

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