La mostra è stata aperta al pubblico nell’ambito della prima edizione di Buonissima, l’appuntamento di gastronomia che ha fatto incontrare la grande cucina internazionale con quella piemontese.
Quaranta gli scatti esposti al secondo piano del palazzo dove si trova il rinomato ristorante “Il Cambio” e che hanno avuto come grandi protagoniste le numerose forchette trovate nelle cantine o sui banchi dei mercatini delle pulci, dalle forme diverse e raffigurate a volte in gruppo o singole.
La forchetta con i suoi percorsi storici, tecnici, poetici, narrativi, estetici appoggiati su un limbo bianco, quindi decontestualizzati per poter leggere meglio le storie di ogni sua fessura. Un progetto artistico, che ricerca tra le pieghe degli utensili usati le storie di uomini e di cibo, dove ogni forchetta è testimone di una storia.
“NoTools_Fork1 è il primo lavoro che affronto con un approccio concettuale, nella mia veste temporanea di fotografo di cibi, di cucine e di chef – spiega Davide Dutto accogliendo i visitatori - e il cibo e le persone per una volta rimangono fuori dall’inquadratura. Nello spazio rettangolare della fotografia ci sono gli strumenti legati al gesto del mangiare, della nutrizione, gli strumenti che insieme alle mani uniscono l’uomo al cibo”.
Il progetto si sviluppa in tre capitoli primari, Fork1, Spoon2 e Knife3. Siamo ciò che mangiamo, ma siamo anche ciò con cui mangiamo. È il pensiero alla base del progetto e nasce da storie reali di forchette e persone collezionate dall’artista nel tempo.
“In un'estate di alcuni anni fa - racconta Dutto - ero in Sicilia per lavoro e dovevo realizzare delle immagini nel ristorante del mio amico Pino Cuttaia. Venne fuori una storia legata alla forchetta del padre una forchetta con i rebbi allargati così da prendere più cibo nel grande piatto unico, e condiviso al centro della tavola, dal quale la famiglia mangiava. Con una sola mossa il cibo portato alla bocca era così il doppio di quello degli altri commensali pur prendendo lo stesso numero di forchettate che, in famiglia, venivano contate per equità”. Ed ecco l’illuminazione, all’improvviso: la forchetta non è più un semplice utensile designato a una necessità vitale, ma racchiude la nostra stessa umanità“