Il Vulture è una zona a nord ovest della Basilicata, dominata dal massiccio del monte Volture, vulcano non più attivo già da epoche preistoriche, alle cui pendici si trova un cratere che contiene i due laghi vulcanici di Monticchio.
La natura lavica del suolo e del sottosuolo, oltre a renderlo particolarmente ricco di acque minerali, permette la coltivazione della vite. Il vino DOC per eccellenza della zona è l’Aglianico del Vulture, di cui una delle migliori espressioni è il Don Anselmo Paternoster.
Nel 1925 la famiglia Paternoster, destinando alla vendita le prime bottiglie di Aglianico, decise di investire sul territorio dal comune di Barile, a pochi chilometri dal cratere del vulcano, circondato da numerose colate laviche, con esposizioni e altimetrie anche molto diverse fra loro che, a fronte di una grande parcellizzazione delle superfici vitate – allevate a guyot secondo il metodo biologico – regala una gran varietà di composizioni chimiche del terreno (magmatico in alto, raggiunto solo da ceneri e lapilli in basso) che si traducono poi in altrettanta varietà delle produzioni vinicole.
Si apre quindi un’ampia gamma di sapori e profumi, con i vini della zona alta (vendemmiati tra l’ultima decina di ottobre e novembre) che hanno tendenzialmente caratteristiche molto più marcate, con una presenza di mineralità ben precisa, mentre i vini della zona bassa (con inizio vendemmia già agli inizi di ottobre) giocano più sul frutto e sulla piacevolezza.
Abbiamo incontrato Fabio Mecca, enologo e figlio della terza generazione Paternoster, che, in occasione di una degustazione dedicata alla scoperta della regione vitivinicola del Vulture, ci ha parlato del Don Anselmo, in cui c’è tutto il cuore, la forza, la determinazione, la passione e il coraggio della famiglia Paternoster, che in quasi ormai 100 anni di storia continua a tracciare il solco dell'Aglianico del Vulture.
Tutte le aziende della zona producevano una propria etichetta standard di Aglianico superiore riserva, ma senza un'identità precisa: nel 1985, grazie anche alla collaborazione con Luigi Veronelli, Paternoster decide di elevarne il carattere e onorare la figura del fondatore creando proprio il Don Anselmo. Tra i vari accorgimenti produttivi, spicca la scelta di sostituire l’affinamento in legno di castagno (tipico della zona, dato che il Vulture era – ed è – ricco di castagneti) con l’utilizzo di botti in rovere di Slavonia, che riduce l’espressione tanninica dell’Aglianico per un risultato più gentile e meglio spendibile commercialmente.
Inizialmente composto da selezioni delle vigne più storiche dell’azienda e fermentato in vasche di cemento, dal 2005 – peraltro mantenendo il medesimo affinamento di 24 mesi – si passa alla fermentazione in acciaio e si riduce la selezione a un solo vigneto, l’ultimo impiantato dallo stesso fondatore e mantenuto in viticultura equilibrata. Pur non dovendo rispettare un numero di bottiglie di produzione, non tutte le annate garantiscono la qualità sufficiente per questa lavorazione, e pertanto è la vendemmia a decretare se e quanto possa esser meritevole di raggiungere l’etichetta. Durante la degustazione abbiamo potuto sperimentare le caratteristiche delle varie annate, con le loro specifiche peculiarità.
2015: Da un'estate molto calda, la vite è rimasta come in “apnea” fino a metà luglio, creando una sorta di stallo da un punto di vista della maturazione dell'uva. Fortunatamente, dalla prima decade di agosto, le temperature sono ritornate ottimali, dando la possibilità di recuperare, per quanto possibile, tutto l'aspetto di maturazione. Chiusa perfetta con la tipica ottobrata autunnale, che ha permesso di lasciare i grappoli in affinamento sulla pianta per una maturazione zuccherina e polifenolica tale da far vendemmiare intorno al 2-3 di novembre.
Il cosiddetto “primo naso” è molto caldo e maturo, sul finale vi sono note chiare di china, di un affumicato (che coincide con la fase di seconda maturazione sulla pianta) e poi un tono di freschezza. Colpisce la presenza della nota ferrosa, quasi sanguigna, ed è una traccia distintiva di quest’annata, con una traccia ematica così chiara dovuta a questa sorta di “stress” che la pianta ha accusato durante la fase di maturazione in vigna.
Da tempo l’azienda non aveva riscontrato un equilibrio così preciso tra zuccheri, tannini, polifenoli: una sorta di vendemmia perfetta.
Abbinamenti: ragù della domenica di Barile (carne mista con orecchiette fatte in casa) o ravioli dolci (pasta ripiena con ricotta e zucchero)
2013: Netta differenza rispetto al 2015: molto più equilibrio, più compattezza ma meno colore.
Avvertiamo note di liquirizia, tipiche del Don Anselmo delle migliori annate, una corretta alcolicità che restituisce alla bocca tutta la potenza, grandezza, il calore del vino con un ritorno di gradevole acidità. Il sorso è tenuto molto bene, rimane energico sul finale nonostante il tannino debba ancora trovare un buon equilibrio che solo il tempo stabilirà.
Abbinamento: tagliata di manzo podolico accompagnata da fetta di pane fatto in casa abbrustolito ed in fusione, sopra, cacio cavallo impiccato stagionato.
2010: Annata nevosa, con frequenti piogge soprattutto nel periodo invernale che hanno dato un certo equilibrio alla maturazione dell’uva. L’inizio dell’estate è stato molto caldo, poi le temperature si sono ridimensionate assieme alle complicanze patogene, tant’è che i grappoli sono cresciuti sani e maturi. La vendemmia è sia stata oggettivamente difficile dal punto di vista manuale (perché sono stati selezionati minuziosamente tutti frutti della vigna), ma il risultato raggiunto è stato soddisfacente e la conferma, come si suol dire, la troviamo nel bicchiere.
All’olfatto è intenso, compatto, integro, con una sensazione di piacevole calore nonostante i suoi 12 anni; l’acidità mantiene bene il sorso che ricorda nettamente note fruttate di arancia sanguinella. L’ossigenazione nel bicchiere fa percepire le note di cacao amaro, del balsamico, zucchero filante e caramello.
Abbinamento: tortino al cioccolato al 70%.
2005: È stata una vendemmia spartiacque, che coincideva col ventennio trascorso dall’importante 1985, tanto da essere riportato in etichetta. Il cambiamento sostanziale, come già raccontato, è stato il passaggio della vinificazione da vasche di cemento a vasche in acciaio, selezionando i frutti da un unico vigneto. Colore rosso rubino profondo, quasi impenetrabile. Dal bouquet ampio e complesso, ha sapore asciutto e caldo che evidenzia grande struttura ed eleganza. Al naso frutti rossi maturi, china, tè verde, fieno e tabacco. In bocca grande corpo, acidità importante, tannini vivaci, lunga persistenza finale.
Abbinamento: cutturiddi (pecora anziana stufata o alla pignatta).
2000: Nonostante ci fosse stato un calo naturale di circa il 30% di uva durante la vendemmia, quest’annata ha avuto buon equilibrio vegeto-produttivo che ha permesso un’ottima maturazione dei grappoli a favore di una vendemmia cosiddetta corretta, iniziata verso il 20-22 di ottobre.
È d’obbligo trascrivere testualmente la meravigliosa descrizione fatta da Fabio durante la verticale: “Questo è l’equilibrio dell’Aglianico del Vulture, ossia il Don Anselmo: è lì, bello, seduto, ti guarda ti rassicura nella sua grandezza nella sua opulenza, col suo tannino potente ma allo stesso tempo elegante, con un naso intrigante e caldo che ti invita al secondo sorso: veramente emozionante”.
Abbinamento: petto di colombaccio spaccato al sangue con burro e rosmarino
1998: È un vino che non ha assolutamente ceduto nel tempo e nel bicchiere è ancora fresco, con un’eleganza sorprendente; si nota un tratto ancora ben marcato e vivo, prerogativa di un vitigno molto forte con una particolare balsamicità. Al palato è molto diverso rispetto ai grandi rossi del Nord Italia, notoriamente di più facile approccio: l’Aglianico in questa espressione è più raro, ha bisogno di tempo e pazienza per esprimersi al meglio.
Abbinamento: da contemplazione.
Oltre al Don Anselmo, abbiamo avuto l’opportunità di assaggiare anche la new entry del 2021 (novità più rilevante dall’acquisizione dell’azienda da parte del gruppo vitivinicolo della Valpolicella Classica Tommasi nel 2016), ovvero il Barilliot, un’interpretazione fresca dell’Aglianico che ambisce a facilitare l’approccio a questo vitigno, spesso tacciato di austerità. Il nome richiama direttamente Barile, il paese che ha dato i natali alla famiglia Paternoster, e l’etichetta si inserisce nel progetto di sviluppo dell’azienda, in perfetta continuità con il lavoro in vigna e cantina. Uve 100% Aglianico del Vulture di vigneti di 6-8 anni, vinificazione classica in rosso con fermentazione e macerazione per 12/15 giorni in acciaio, fermentazione malolattica in acciaio e affinamento 18 mesi. Al naso si ritrovano intensi sentori di frutti rossi come ciliegia e prugna, mentre al palato presenta tannini in evidenza e una buona freschezza e sapidità, che lo rendono particolarmente piacevole e succoso con sentori di arancia sanguinella.
Sperimentato in queste nuove vesti, l’Aglianico non fa più paura, ma è anzi un nuovo orizzonte.
Fulvio Tonello.