A Spéracèdes, piccolo comune delle Alpi Marittime, l’attesa apertura dei frantoi di novembre si annuncia sotto i peggiori auspici. Gli olivicoltori della zona si dicono preoccupati per una raccolta che, secondo le previsioni, sarà tra le più scarse degli ultimi anni.
Anche al mulino di Opio, la situazione appare critica: si teme di dover interrompere la lavorazione ben prima della fine della stagione.
Il panorama, già compromesso, riflette una crisi più ampia che colpisce l’intero settore. Dopo un 2024 particolarmente generoso, l’annata 2025 registra un brusco calo di produzione, dovuto in gran parte alla siccità che ha colpito le zone olivicole della Provenza e della Côte d’Azur.

I frutti, indeboliti dalla mancanza d’acqua, sono caduti prematuramente, mentre la mosca dell’olivo, favorita da una mutazione che le ha permesso di resistere anche alle alte temperature estive, ha completato la devastazione.
Gli esperti del settore parlano di una vera emergenza climatica. L’insetto, un tempo frenato dal caldo intenso, ha approfittato delle condizioni mutate per proliferare, mettendo in ginocchio la filiera.
Gli olivicoltori professionali nel dipartimento, ormai ridotti a una decina contro la cinquantina di trent’anni fa, temono che la produzione locale sia a rischio di estinzione.
La produzione francese di olive ha sempre conosciuto alti e bassi, ma mai come oggi il destino del raccolto sembra dipendere in modo così diretto dal clima. In Provenza, la tradizione secolare dell’olio rischia di trasformarsi in un ricordo, stretta tra la siccità e l’imprevedibilità del tempo.



Beppe Tassone



