Cibo | 09 gennaio 2021

I fagioli calabresi di Cortale sono un nuovo presidio slow food

L’obiettivo del presidio è assicurare un futuro alla coltivazione di un fagiolo che si presenta in cinque varietà differenti, adatte per diverse preparazioni.

I fagioli calabresi di Cortale sono un nuovo presidio slow food

Sono cinque le diverse varietà di fagioli di Cortale: la reginella bianca (detta “ammalatèddha”), la reginella gialla, la cannellina bianca (o rognonella per la forma simile a un rene), la cocò gialla (nota anche come “limunìdu”) e la cocò bianca. 

La città di Cortale vicino a Catanzaro è uno dei punti più stretti della Calabria, trentacinque kilometri separano le due coste, La cittadina di in particolare è attraversata da due corsi d'acqua, un’area particolarmente fertile, ricca di acqua, storicamente vocata all’olivicoltura e alla coltivazione di grano, mais, ortaggi e soprattutto dei rinomati fagioli. "Di queste colture si ha notizia fin dagli anni Trenta del Novecento - spiega Alberto Carpino, referente per la Calabria dei Presìdi Slow Food - e secondo alcuni documenti anche in epoche più lontane, databili intorno alla fine dell’Ottocento".

Nonostante i molti utilizzi, negli scorsi decenni la produzione è andata lentamente diminuendo, a causa dello spopolamento e dell’arrivo di altre varietà di fagioli. Negli ultimi anni, però, l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco e agronomo Francesco Scalfaro, ha valorizzato i semi conservati dai contadini custodi, scommettendo sul progetto del Presidio Slow Food come strumento di valorizzazione del prodotto e del territorio, della protezione della biodiversità e della tutela dei produttori, che oggi sono una dozzina.

Scongiurare questo pericolo è lo scopo della Comunità Slow Food del Presidio fagioli di Cortale, a cui aderiscono i produttori, quattro ristoratori e altrettanti sostenitori: "L’obiettivo è far crescere la consapevolezza del valore che hanno questa terra e questa coltivazione, - ricorda Mariangela Costantino, referente per la biodiversità della condotta Slow Food di Lamezia Terme - e al contempo anche mettere in guardia dal rischio di perderlo. Vogliamo invogliare i produttori a investire in una linea di lavorazione, introducendo macchinari come seminatrici di precisione e facendo sì che condividano queste tecnologie tra di loro"