A 50 anni ha deciso di cambiare vita e di aprire un’attività legata al cibo e alla socialità, come aveva sempre sognato. Non che non le piacesse il suo lavoro, quello di infermiera odontoiatrica, ma Annalisa Nervei ha voluto aprire a Busto Arsizio “Pepe Bianco”, che voleva essere alternativa al fast food. Da quel giorno di cinque anni fa, in cui si mosse dapprima con un socio, oggi è fresca di un bis a Rescaldina e ha 10 dipendenti.
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«Io sono di Dairago, ho sempre amato il cibo, la convivialità – racconta- Facevo l’assistente di poltrona, ero legata molto all’ambito sanitario, quello sociale, come la Croce Rossa. L’ambiente sanitario mi calzava a pennello e insegno ancora al Cfp di Gallarate. Il mio lavoro mi piaceva, ho voluto solo fare qualcosa di diverso».
La sfida della pandemia
L’idea prende corpo gradualmente, ormai i figli sono grandi, ma è dopo Expo che diventa realtà e in viale Alfieri, nel quartiere Sant’Edoardo, nasce “Pepe Bianco” con la cucina che si può vedere in diretta dai vetri: «Facciamo tutti i giorni fresco, con la formula del take away ma abbiamo anche messo i posti a sedere. La caffetteria è nata l’anno dopo perché c’era già il personale qui la mattina».
Con la pandemia, l’impatto iniziale non poteva che essere drammatico, come per tutti: «Mi dicevano chiudi, chiudi, che non c’è guadagno. Ci credevo solo io e un pochino mio marito. Avevo il personale in cassa integrazione, tranne una ragazza in apprendistato. Abbiamo provato a puntare con l’asporto e il domicilio, piccoli numeri, eravamo gli unici aperti a Busto nel primo lockdown. La nostra macchina girava… da lì abbiamo garantito anche la spesa alimentare per la gente. Lì c’è stata un’impennata e ci hanno conosciuto tante persone, tante ditte, per cui abbiamo allargato le convenzioni».
I momenti bui non sono mancati, l’incasso era quello che era in quel periodo rispetto agli sforzi: «Ma non abbiamo mollato. Mi sono spaventata quando piano piano è cominciato a diminuire, in realtà però abbiamo mantenuto i livelli… abbiamo comprato la seconda macchina, i packaging bio, i contenitori più grandi per il caldo».
Catering anche grossi, aperitivi, cerimonie, c’era però un’esigenza: «Strutturale – precisa – avevamo bisogno di una cucina in più, questa era oberata. Allora è nata Rescaldina con il secondo locale. Lì c’è anche più spazio per ulteriori preparazioni. La location è appetibile, più tranquilla per gli eventi serali, in una zona senza pasticceria o caffetteria, nel Rescaldina Village. Qui a Busto lavoriamo di più in settimana, là nel weekend».
Non c'è due
La decisione di raddoppiare è scattata comunque «perché io vedevo la luce, l’ho sempre vista – spiega – là ho 4 persone, qui 6. Quando sono partita, non avevamo nessuno. Sono stata fortunata perché abbiamo trovato il personale, testandolo dalle scuole. I ragazzi che meritano, passano dallo stage all’apprendistato. Vanno seguiti, per contro».
Tutti giovani, a parte il cuoco, d'esperienza, e la responsabile di sala di Rescaldina.
Ma c’è già un terzo progetto che ferve? Annalisa sorride: «Mi piacerebbe aprire un locale al mare. In Liguria o anche in Versilia».