Cibo | 31 luglio 2021

Busto Arzio (VA) "Pepe bianco" raddoppia e ora da lavoro a 10 persone

La storia di Annalisa Nervei, infermiera odontoiatrica appassionata di cibo che ha aperto un locale a Busto Arsizio e ora a Rescaldina: da zero a dieci dipendenti. «Volevamo essere un'alternativa al fast food, anche con l'asporto. Ci ho sempre creduto, anche durante il lockdown. Un terzo desiderio? Un'attività al mare»

Busto Arzio (VA) "Pepe bianco" raddoppia e ora da lavoro a 10 persone

A 50 anni ha deciso di cambiare vita e di aprire un’attività legata al cibo e alla socialità, come aveva sempre sognato. Non che non le piacesse il suo lavoro, quello di infermiera odontoiatrica,  ma Annalisa Nervei ha voluto aprire a Busto Arsizio “Pepe Bianco”, che voleva essere alternativa al fast food. Da quel giorno di cinque anni fa, in cui si mosse dapprima con un socio, oggi è fresca di un bis a Rescaldina e ha 10 dipendenti.

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«Io sono di Dairago, ho sempre amato il cibo, la convivialità – racconta-  Facevo  l’assistente di poltrona, ero legata molto all’ambito sanitario, quello sociale, come la Croce Rossa. L’ambiente sanitario mi calzava a pennello e insegno ancora al Cfp di Gallarate. Il mio lavoro mi piaceva, ho voluto solo fare qualcosa di diverso».

La sfida della pandemia

L’idea prende corpo gradualmente, ormai i figli sono grandi, ma è dopo Expo che diventa realtà e in viale Alfieri, nel quartiere Sant’Edoardo, nasce “Pepe Bianco” con la cucina che si può vedere in diretta dai vetri: «Facciamo tutti i giorni fresco, con la formula del take away ma abbiamo anche messo i posti a sedere. La caffetteria è nata l’anno dopo perché c’era già il personale qui la mattina».

Con la pandemia, l’impatto iniziale non poteva che essere drammatico, come per tutti: «Mi dicevano chiudi, chiudi, che non c’è guadagno. Ci credevo solo io e un pochino mio marito. Avevo il personale in cassa integrazione, tranne una ragazza in apprendistato. Abbiamo provato a puntare con l’asporto e il domicilio, piccoli numeri, eravamo gli unici aperti a Busto nel primo lockdown. La nostra macchina girava… da lì abbiamo garantito anche la spesa alimentare per la gente. Lì c’è stata un’impennata e ci hanno conosciuto tante persone, tante ditte, per cui abbiamo allargato le convenzioni».

I momenti bui non sono mancati, l’incasso era quello che era in quel periodo rispetto agli sforzi: «Ma non abbiamo mollato. Mi sono spaventata quando piano piano è cominciato a diminuire, in realtà però abbiamo mantenuto i livelli… abbiamo comprato la seconda macchina, i packaging bio, i contenitori più grandi per il caldo».

Catering anche grossi, aperitivi, cerimonie, c’era però un’esigenza: «Strutturale – precisa – avevamo bisogno di una cucina in più, questa era oberata. Allora è nata Rescaldina con il secondo locale. Lì c’è anche più spazio per ulteriori preparazioni. La location è appetibile, più tranquilla per gli eventi serali, in una zona senza pasticceria o caffetteria, nel Rescaldina Village. Qui a Busto lavoriamo di più in settimana, là nel weekend».

Non c'è due 

La decisione di raddoppiare è scattata comunque «perché io vedevo la luce, l’ho sempre vista – spiega – là ho 4 persone, qui 6. Quando sono partita, non avevamo nessuno. Sono stata fortunata perché abbiamo trovato il personale, testandolo dalle scuole. I ragazzi che meritano, passano dallo stage all’apprendistato. Vanno seguiti, per contro».

Tutti giovani, a parte il cuoco, d'esperienza, e la responsabile di sala di Rescaldina.

Ma c’è già un terzo progetto che ferve? Annalisa sorride: «Mi piacerebbe aprire un locale al mare. In Liguria o anche in Versilia».

Marilena Lualdi