Ristoranti | 13 dicembre 2021

La cucina è donna: intervista alla chef Marta Grassi

Riconfermata per la 24esima volta la sua stella nel ristorante Tantris di Novara

La cucina è donna: intervista alla chef Marta Grassi

Ortaggi, erbe, piante, passione, determinazione e un pizzico di dolcezza. “Testa e cuore”, come definisce la propria proposta gastronomica la piccola grande donna Marta Grassi, chef 1 stella michelin, riconfermata per la 24esima volta.

Questi gli ingredienti della sua cucina  e che, alla guida del suo ristorante, ci racconta come il lavoro in cucina per una donna, rispetto allo chef uomo,  non sia tanto diverso da quello che tutti conosciamo. Forse è solo la narrazione storica che si è accostata alla donna alla quale è principalmente affidata la cura della casa e della famiglia, che minimizza un po' il ruolo femminile alla guida di una cucina, per di più stellata, al pari di un uomo: ma, usando le parole della chef : “ … posso sbagliare io al pari di uno chef e sono sempre stata considerata per le mie capacità, non per il mio ruolo sociale”

 

 

Da che idea nasce il suo ristorante proprio nel novarese?

Semplicemente dal profondo attaccamento al territorio mio e della mia famiglia. Quando ho aperto nel 1993, sentivamo quasi come una “missione” dare vita ad un’attività tutta nostra che potesse valorizzare il sentimento di questa piccola città. I ristoranti in zona sono davvero pochi e scarsamente curiosi : noi volevamo dare un contributo, anche per attrarre turismo in particolare da Milano – città molto più vicina a Novara rispetto a Torino -  per ciò che riguardava la gastronomia tipica della zona e come poterlo fare se non aprendo un ristorante?

 

Qual è la filosofia che identifica il menu del “ Tantris” ?

E’ un menù libero da qualunque tradizione gastronomica come siamo soliti intenderla: gli ingredienti delle mie ricette appartengono sicuramente al territorio piemontese, ma è la modalità di proporli che cambia. Io stessa mi definisco “ libera “ perché mi lascio contaminare dai vari modi di fare cucina in giro per il mondo: una salsa giapponese, ad esempio, la posso abbinare tranquillamente ai prodotti del mio territorio , nel mio caso al riso, che a sua volta è un ingrediente che porta in sé addirittura due località geografiche a latitudini diverse, il Piemonte e il Giappone.

La contaminazione di cui parlo è soprattutto culturale, che parte dal semplice “guardare e imparare” alla trasformazione di questo processo in qualcosa di personale da condividere  coi clienti del mio ristorante. Le stesse cassette dove ripongo le erbe che coltivo e lascio essiccare per poi utilizzarle nelle mie preparazioni, sono frutto di questa “ scuola” , in particolare spagnola, e che mi piace raccontare agli ospiti, declinando questo racconto anche ad un momento di consapevolezza del cibo che ci si prepara a gustare.

 

 

In che momento della vita le è stata assegnata la stella michelin?

Se per la vita lavorativa di uno chef l’assegnazione della stella rappresenta l’inizio per un percorso lavorativo, che premia la costanza e la determinazione per arrivare a quel momento, per me l’assegnazione del premio è stata espressione, oltre che di soddisfazione personale poiché avevamo aperto solo nel 1993 e già nel 1998 ho ricevuto la nomina, di grande visibilità del mio locale, che poteva essere annoverato tra quelli “degni di nota”, soprattutto da parte del turismo straniero. 

Ricordo che intorno alle 23 , io e mio marito stavamo finendo il servizio, e ricevetti una chiamata da un ragazzo che lavorava per il già  stellato Iaccarino a Sant’Agata dei due Golfi (all’epoca la manifestazione si svolgeva nei ristoranti e l’evento non aveva lo stesso valore mediatico di adesso) dove ci annunciava la proclamazione da parte della Michelin. Incredula e stupita, ho passato il telefono a mio marito per assicurarmi che non fosse fosse uno scherzo.. e non lo era! Nei mesi a seguire, nella località di Greenwich, (era l’anno del millenium bug), la Michelin fece riunire, in un atmosfera magica e indimenticabile sul palco di  un bellissimo e tipico college inglese, tutti gli chef appena stellati provenienti da tutto il mondo.

 

Come si sente ad essere una chef donna in mezzo a tanti uomini del suo ambiente di lavoro?

Io anzitutto, al di là di essere donna, per il mio lavoro gioisco per il mio percorso fatto sin qui, al di là del numero delle stelle. Nel mio piccolo, sono apprezzata e questo a me basta.

Sicuramente quando una ragazza si avvia a questo tipo di professione, deve già subito mettere in conto che non sarà una passeggiata soprattutto per il carico di lavoro che dovrà essere conciliato con un altro tipo di lavoro, altrettanto pesante, che è quello della cura della casa .Bisogna senza dubbio avere alle spalle una famiglia che supporta e comprende gli orari, le assenze e la stanchezza.

In questo mestiere io, personalmente, non mi sono mai sentita discriminata anzi: sono sempre stata sostenuta e incoraggiata, alla stregua dei colleghi maschi. Quando nella mia brigata devo sceglierne i componenti, non guardo al sesso bensì alla volontà e a quanto davvero sono disposti a spendersi.

 

 Qual è il valore aggiunto di una donna alla guida di una cucina?

Nessuno...o meglio, ci sono chef uomini che cucinano con una gentilezza  che non ti aspetteresti; così  come donne che, al contrario, propongono dei menu dai sapori forti. La mia è una cucina gentile, con gusti delicati e con abbinamenti mai troppo sfrontati, che cerca  di valorizzare la materia prima del territorio e i sapori veri dell’orto, ma questa è anche espressione del mio carattere.

Qual è il piatto che più la rappresenta e che propone spesso ai suoi clienti?

Non c’è, in tutti i piatti ci sono io. Esiste, invece, un diverso e peculiare modo di cucinarli e proporli. La serietà e il rispetto sia per gli ingredienti sia per il personale che lavora con me lo esprimo nelle mie proposte.

Ci può illustrare a grandi linee la composizione del suo attuale menu? Prevede qualche accenno alla tematica della sostenibilità alimentare?

E’ un menu che parte da una ricerca: nell’attuale, ad esempio, parto dalle caratteristiche  del seme. Nell’utilizzo di questo ingrediente, di cui si parla molto ed è largamente utilizzato in cucina, curo gli acquisti, in particolare equi e solidali dai produttori agricoli, che li coltivano e li producono. Sotto questo aspetto posso affermare che la nostra proposta gastronomica è legata alla sostenibilità non solo alimentare, ma anche ambientale: a partire dall’utilizzo dei prodotti della terra al riscaldamento dei nostri ambienti attraverso un sistema di pannelli solari. Seguo anche il concetto di economia circolare nel riutilizzare quelli che sono considerati scarti alimentari e, soprattutto, anche metto particolare attenzione negli acquisti,che sono sempre misurati e pensati in modo da non avere sprechi.

Il mio menù degustazione invernale è composto da 18 assaggi tutte declinate al tema del “ molto crudo e molto cotto” a base , appunto, semi e, ovviamente verdure, presentate e  lavorate con tecniche innovative, come ad esempio quelle coi raggi infrarossi, che permettono di ridurre al minimo la dispersione di energia. Le consistenze che ne derivano sono diverse, gustose, col giusto apporto calorico e favoriscono un percorso gustativo il più spontaneo possibile.

 Il ristorante Tantris si trova a Novara  in Corso Risorgimento n. 384 telefono 0321 657343

 

 

 

 

Chiara Vannini