Ricette | 21 novembre 2023

E’ tempo di Bagna Càuda, tradizione di un piatto tipico piemontese

A base di aglio e acciughe dissalate, viene cotto a fuoco lento in abbondante olio extravergine d’oliva, fino a ridurre il tutto a salsa.

E’ tempo di Bagna Càuda, tradizione di un piatto tipico piemontese

La “bagna càuda”  è un piatto tipico della cucina piemontese.

Si consuma intingendovi vari tipi di verdure di stagione solitamente divise tra crude e cotte. Cardi, cipolle cotte al forno, peperoni crudi o abbrustoliti, foglie di cavolo crude, cavolfiore, topinambur, barbabietole, patate cotte a vapore, ravanelli, rape e tante altre.

il Cardo gobbo pulito e lessato

Un tempo si usavano solo i cardi gobbi, tipici di Nizza Monferrato, i topinambur e i peperoni conservati nella raspa, oggi tutte le verdure disponibili sul mercato.

Con la o o con la u?

Per i puristi della lingua piemontese non ci sono dubbi: si scrive càoda e non càuda perché in piemontese la “o” si legge “u”. Ma io preferisco scriverla con la “u” perchè è conosciuta così in tutto il mondo ed è considerata un piatto vanto della cucina italiana, oltre che piemontese. E’ conosciuta infatti con il nome di bañacauda in Argentina, dove è molto popolare. Ed è famosa e molto apprezzata anche in Giappone, seconda solo al pesto, la regina delle salse fredde.

Un piatto autunnale

Consumato di norma in autunno e in inverno, per tradizione è un piatto tipico del periodo della vendemmia. Un piatto ideale per le serate fredde e sempre abbinato a vini rossi generosi. Ma più che un che un piatto, è un rito da celebrare in momenti conviviali familiari e con gli amici.  Una preparazione fortemente radicata nella storia e nella cultura piemontese, in particolare dell’Astigiano, delle Langhe, del Roero e del Monferrato. Proprio per il suo forte radicamento sociale e legame con il territorio, per la “bagna càuda” è stata avanzata la richiesta di candidatura fra i beni immateriali dell’Unesco da tutelare come Patrimonio dell’Umanità.

Il Galateo della Bagna Càuda

Tradizionalmente veniva portata in tavola nel “tian”, un tegame di cottura in terracotta, dove tutti i commensali intingevano le verdure. Un momento conviviale importante e regolato da un apposito galateo. L’esperta di bon ton, Barbara Ronchi della Rocca spiega: «vietato “fare palot”, cioè caricare eccessivamente il proprio boccone usando foglie di cavolo o altri pezzi di verdura a mo’ di paletta, raccogliendo la parte più “ricca” della salsa. Vietato anche bagnare pezzi di verdura già morsicati, o il pane, che ne asporterebbe troppa e tutta insieme. Attenzione anche al primo boccone perché il rischio di scottarsi è molto frequente».

Dalla pentola al fujot

In tempi più recenti per evitare la scomodità ed i problemi derivanti dalla presenza di un unico recipiente, si è imposta con grande successo l’adozione del “fujot” di terracotta. Si tratta di una ciotola individuale, scaldata con un lumino acceso sotto la parte inferiore, per tenere in caldo la salsa.

Diverse varianti

Di questo piatto esistono diverse interpretazioni a partire da quelle ricche di aglio come vuole la tradizione per arrivare a quelle più eretiche con poco aglio o senza aglio del tutto. Un po’ come avviene per il pesto, ma se la facciamo senza aglio perché chiamarla bagna càuda?

La ricetta tradizionale

Ricordiamo che la delegazione di Asti dell’Accademia Italiana della Cucina nel 2005 ha registrato la ricetta ritenuta la più affidabile ed è stata depositata con atto notarile. Questa prevede l’utilizzo esclusivamente di una testa d’aglio a persona, mezzo bicchiere d’olio d’oliva extravergine a persona e 50 g a persona di acciughe rosse. Oggi si è molto diffusa la scelta di cuocere preventivamente l’aglio nel latte al fine di rendere la salsa più cremosa e ridurne il forte sentore ed i problemi di alito del giorno dopo derivanti dal consumo dell’aglio.

Errori da evitare e consigli utili

L’uso del latte è considerato eretico, ma per eliminare il fastidioso fenomeno dell’alito ed altri effluvi dall’odore di aglio, si può seguire un semplice ma efficace accorgimento. Togliete l’anima dagli spicchi, se presente, e mettete l’aglio in un pentolino pieno di acqua fredda portandolo a ebollizione.

La durata della bollitura determina l’eliminazione della quantità di Solfuro di Allile, che si trova nell’aglio ed è un minerale non metabolizzabile dall’organismo, che quindi lo smaltisce per varie strade, in primis alito e sudore. Con un minuto di bollitura se ne può eliminare il 50% e in 3 minuti il 90%.

Come preparare una bagna cauda perfetta

La preparazione è semplice: si pulisce l’aglio, eliminando l’anima, si mette a cuocere nell’olio di extravergine di oliva, perfetto quello Ligure, a fuoco molto basso, non deve assolutamente friggere. Una volta cotto si schiaccia con una forchetta e si aggiungono le acciughe pulite e dissalate. Si prosegue la cottura lentamente e sempre a fuoco molto basso, lavorando il tutto fino a ridurla a una salsa cremosa. C’è chi alla fine aggiunge alcune noci, pestate nel mortaio e non tritate, richiamando così la tradizione che prevedeva per la preparazione l’uso dell’olio di noci al posto di quello d’oliva.

Non solo verdure

Nell’alimentazione contadina la bagna càuda era spesso abbinata alla polenta, a volte fritta o arrostita al forno. Oppure usata per condire alcuni tipi di pasta asciutta nei giorni di regime quaresimale. Un altro possibile abbinamento è quello con le uova, che vengono fritte, dopo eventualmente averle strapazzate, nell’olio residuo che resta in fondo della pentola. Una tradizione più recente prevede la cottura lenta di un uovo di gallina nella bagna avanzata nel fuiot.

Claudio Porchia

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