Itinerari | 01 marzo 2022

A Champoluc (AO) per gustare una cucina deliziosa ed a impatto zero ed un soggiorno immersi nella natura

L’eco - hotel “Au Charmant Petit Lac spa & resort” vi parla il linguaggio della sostenibilità in un paesaggio di grande bellezza

A Champoluc (AO) per gustare una cucina deliziosa ed a impatto zero ed un soggiorno immersi nella natura

Parlare di sostenibilità alimentare, a partire dalle tavole dei ristoranti, può apparire non semplice: se però lo si fa allargando la tematica anche all’aspetto ambientale della discussione che ne sottolinea la portata, i termini potrebbero diventare più comprensibili. E, mai come in questo delicato momento storico, economico e culturale è necessario approcciarsi in maniera informata.

In Val d’Ayas, nella regione autonoma della Valle d’Aosta, la località di Champoluc si fa rappresentante di questo tipo di approccio grazie all’impegno e all’investimento sul territorio dell’eco - hotel “Au Charmant Petit Lac spa & resort”. Progettato e costruito con soluzioni architettoniche adatte a soddisfare una clientela esigente e sensibile a ciò che davvero può offrire la bellezza della natura, al suo interno tutto parla e profuma di sostenibilità : gli arredamenti, sia degli spazi comuni sia delle stanze, realizzati con il legno riciclato degli alberi abbattuti della zona; i dettagli di design a cui si affiancano soluzioni impiantistiche concepite per assicurare un vero risparmio energetico, con il solo utilizzo di energie rinnovabili.

A un tipo di soggiorno come questo, a “impatto zero”, non poteva non associarsi un’offerta gastronomica basata su una filosofia “sostenibile”, che rispettasse le esigenze di un pubblico, italiano e straniero, che frequenta la zona per godere della natura circostante, sfruttando le innumerevoli attività ricreative e sportive che il comprensorio del Monterosa Ski offre, sia d’inverno che d’estate.

La cura della proposta è in mano alla sensibilità del giovane chef ligure Simone Lolli: genovese, classe 1995, arriva al ristorante della struttura, il “RESTO’ TATA’ “, un po’ per caso. Dopo gli studi all’istituto alberghiero Marco Polo di Genova, si forma a Voghera da Chef Pio Albanese, per poi tornare a Genova dallo chef 1 stella Michelin, Luca Collami. È un susseguirsi esperienze quelle di Simone, che lo portano a diventare Chef all' Armatore “di Finale Ligure, fino a riuscire ad entrare nella brigata del “Fradis Minoris” in Sardegna, accompagnato dall’esperienza e dalla supervisione dello chef 1 stella Michelin, Claudio Melis. 

Noi di Traveleat lo abbiamo raggiunto per farci raccontare in cosa consiste il progetto culinario inserito in questo particolare tipo di struttura.

  1. A che ora inizia la giornata in cucina per te e per la tua brigata?

 

Dipende se dobbiamo preparare le “ski bag” o semplicemente dei “packed lunch” per gli ospiti che ce lo richiedono. A seconda degli orari di partenza per delle attività outdoor o semplicemente perché hanno terminato il soggiorno, prevediamo l’offerta di una serie di preparazioni veloci, gustose e, ovviamente, sostenibili… composte da specialità gastronomiche della zona. Questo anche in virtù del fatto che la proprietà, nel progetto che avevano in mente e nel quale sono stato coinvolto, la cura e l’attenzione per le esigenze dei clienti rientrava fra le priorità. E io lo condivido in pieno.

  1. Come è scandito il servizio di cucina durante la giornata?

 

Il pranzo, così come si è solito intenderlo, non lo serviamo. Questo perché, avendo la possibilità di consumare una colazione “prolungata”, grazie a un turno diurno che proponiamo dalle 6.30 fino alle 11.30, il cliente ha la possibilità di accedere a una specie di brunch. Chi ha piacere può, però, servirsi di un menù alla carta del bar dove è sempre possibile trovare focacce e snack realizzati direttamente in cucina e serviti al bancone. Intorno alle 16, inizia già l’aperitivo: soprattutto d’inverno abbiamo notato che da questa fascia oraria in poi, il gradimento è stato notevole. A proposito di aperitivo, stiamo studiando un orario e una carta diversificata , che vorremmo proporre anche in stile “ gourmet” : dalle 12 alle 15, infatti, sarà nostra intenzione cercare di  invogliare il cliente alla degustazione di piccoli assaggi, stile amuse bouche, o chicche gastronomiche, a base - ad esempio - di frutta secca tostata o patatine selezionate al tartufo o profumate al basilico : un omaggio alla mia terra che, spesso, nelle mie preparazioni anche del ristorante, è molto presente. Anche per il dopo cena, ma anche solo per chi volesse trascorrere la serata gustando solo l’aperitivo - fino a circa le 24 - la ricercatezza nella proposta che intendo mettere a punto, è e sarà uno dei miei obiettivi primari: volontà naturalmente condivisa anche dalla proprietà.   Gli abbinamenti liquidi, a base di cocktail particolari e vini selezionati non solo del territorio, in entrambe le situazioni, saranno sempre magicamente proposti e preparati dal manager del bar, “La maison de l’Aperò “, Alessio Arru.

 

3.Come sono composti i menù che il ristorante propone?

 

Attualmente proponiamo un menù alla carta e due menù degustazione: il primo, suddivisa nella maniera classica, è improntato alla proposta di carne di selvaggina del territorio, cucinata e preparata in maniera un po’ più “moderna” rispetto ai canoni e a piatti a base di pesce di fiume e lago. Alla lavorazione di questi, dedico particolare attenzione, visto anche l’interesse che si sta sviluppando a riguardo, cercando di valorizzare un ingrediente dai gusti delicati (a volte fin troppo), reperibile anche e soprattutto in montagna ma che, cucinato nella maniera adeguata e abbinato a gusti anche un po’ più “audaci” rispetto alla media, può diventare un piatto inaspettatamente appetitoso e gradito e che esprime voglia di tornare a gustarlo. Ecco che allora, un salmerino alpino, creme fraiche, zucca e caviale potrebbe risultare un vero e proprio divertimento per il palato; o un’anguilla, cavolfiore e pompelmo un’inaspettata goduria anche per gli scettici; e che, invece, presenta importanti proprietà nutrizionali in percentuale maggiore rispetto al pesce di mare.

Nei due menù degustazione, invece, ho inserito sempre le stesse materie prime ma per le cui preparazione ho voluto esprimermi in maniera più fantasiosa, divertendomi a proporre inserimenti gastronomici non solo della mia Liguria, ma anche di altre regioni d’Italia, in un viaggio culinario che termina qui in Val d’Aosta e che della regione viene “contaminata” negli aspetti più semplici e identitari della tradizione della cucina di montagna. Anche i primi, ad esempio i berlingots di selvaggina, fonduta, limone e caffè, sono frutto di un itinerario di viaggio dal mare alla montagna, con l’inserimento coraggioso e moderno della polvere di caffè: come tutti i viaggi importanti che prevedono un pizzico di coraggio…

 

4. Come intendi la “sostenibilità" nelle tue preparazioni”?

 

Io cucino utilizzando la parte migliore di ogni pezzo di carne o pesce, sostanzialmente il filetto. Ma per farlo, creo inevitabilmente scarto. A partire da questo, si mostra il mio aspetto quasi “maniacale” delle mie lavorazioni: dal centro del filetto ne realizzo una, dalla parte esterna un’altra e con le ossa creo le basi per i fondi di cottura, le salse ecc.… arrivati a questo punto, proseguo con un’aggiunta particolare: recupero tutto ciò che ho filtrato e lo rimetto a bollire sul fuoco con dell’acqua o con del brodo. Spengo, filtro nuovamente e ottengo due liquidi: uno da utilizzare per i fondi di cottura, l’altro - ormai intriso di gusto e profumi del pezzo di carne o di pesce - lo metto via, congelato e abbattuto. La parte gelata del liquido, una volta ripresa dal freezer, andrà a bagnare il fondo di cottura del piatto, che presenterà il gusto delle stesse ossa con le quali, in origine, è stato creato.

Lo stesso discorso vale per le verdure: le consistenze e le creme non partono direttamente e solamente dell'ortaggio intero, ma dal taglio degli scarti, o dall’'essiccazione delle fibre stesse. Un piatto che chiarisce il concetto è il cervo, sedano rapa e kiwi: parto dalla realizzazione di una mille foglie di sedano rapa e con gli scarti ne faccio la crema a completamento del piatto. A parte estraggo il succo del kiwi e, sempre a parte, procedo con la fermentazione del liquido, che avviene attraverso una tecnica che prevede l’uso di una percentuale di sale in base alla quantità di acqua che ha il prodotto e dopo tre mesi è pronto per l’uso. Gli scarti del frutto, poi, li faccio seccare e la polvere che ne deriva è a decorazione del piatto.

 

5. Quali sono i caratteri che le preparazioni in cucina devono avere per dimostrarsi sostenibili? 

 

L’aspetto igienico sanitario e del rispetto dei tempi nelle lavorazioni in cucina è uno di quegli aspetti di cui si parla poco. Un filetto di carne, un pesce, bisogna lavorarlo subito. Lasciato sul tagliere rischia di contaminarsi di batteri e quindi, a rischio per la propria salute, si dovrà poi buttare. Così come nelle preparazioni veloci, quali le tartare di carne, bisogna essere attenti a non farsi sfuggire o a non farsi cadere dal tagliere anche solo dei piccoli pezzi, perché a lungo andare, potrebbe diventare uno spreco a livello economico.

Anche il personale addetto allo stoccaggio degli alimenti rientra tra i caratteri di una cucina “sostenibile”: coloro che devono controllare la qualità delle materie prime, se prossimi alla scadenza o, nel caso degli ortaggi, un po’ troppo “maturi”, devono essere in grado di farlo presente allo chef per valutare un eventuale recupero per cucinarlo.

Au Charmant Petit Lac • Spa & Park Hotel si trova a Champoluc in  Route Ramey, 50

 

 

Chiara Vannini