C’è un certo romanticismo nascosto nelle etichette dei liquori antichi. Una memoria liquida, che sa di famiglia, di erbe raccolte a mano, di piccoli laboratori nascosti tra le vie di città di mare. È il caso dell’Amaro Camatti, nato tra le brezze salmastre della Liguria, e cresciuto sulle colline della memoria. La sua storia comincia poco dopo la fine della Grande Guerra, nei primi anni ’20, a Recco. Ma è Genova – città di luce obliqua, di carruggi e di orizzonti che si aprono all’improvviso sul mare – a fare da cornice affettiva e culturale alla nascita di questo amaro gentile.
Qui Umberto Briganti, chimico livornese dallo sguardo curioso e dalla passione per le erbe officinali, si trasferisce per amore. È proprio dalla moglie che trae ispirazione per il nome del suo infuso: Camatti, il suo cognome, diventerà da allora sinonimo di convivialità, tradizione e gusto popolare. Accanto a lui, il fratello Cesare. Insieme iniziano la produzione di un elisir artigianale nato da una ricetta segreta a base di fiori, radici e spezie, rimasta immutata da oltre un secolo. Nessun compromesso sulla qualità, nessuna concessione alla moda del momento: Camatti è sempre rimasto fedele a sé stesso. Con i suoi 20 gradi alcolici, è un amaro dalla beva inaspettatamente facile, amabile anche da chi solitamente rifugge i toni troppo amari. Ottimo liscio, sorprendente con ghiaccio, versatile nella miscelazione. Un gusto senza tempo, creato per essere condiviso.
E proprio sulla condivisione si fonda il nuovo corso del brand. “La vita è un gioco”: non è un claim, ma una filosofia, un invito disarmante nella sua semplicità. Camatti si propone come un alleato dei momenti leggeri, quelli spontanei e sinceri, riportando il rito del bere a una dimensione quasi ancestrale: quella dello stare insieme, senza filtri.
Da questa visione prende forma l’idea dei Giochi Camatti, un format di micro-eventi ideato da UNFOLLOW ADV – l’agenzia creativa dietro al riposizionamento del marchio – in collaborazione con SPACEDELICIOUS, studio specializzato in experience design. L’obiettivo è tanto semplice quanto rivoluzionario: riscoprire la bellezza del gioco analogico, fatto di mani, occhi, risate e corpi che si muovono nello spazio. Dalla briscola al molkky, dal biliardino al tiro allo scoglio: ogni partita è un’occasione per tornare bambini e per vivere l’amaro come esperienza culturale, non come gesto commerciale.
Il pubblico risponde con entusiasmo. I Giochi Camatti si moltiplicano, i calici si alzano, senza forzature, senza pressioni. Il prodotto non viene spinto: viene vissuto. Ed è qui che Camatti compie la sua piccola rivoluzione. Non chiede di essere comprato, ma di essere amato, in un viaggio che non si ferma: i Giochi Camatti sono attesi nei prossimi mesi a Torino, Bologna, Genova, Roma, Sanremo, fino a raggiungere Napoli. Le tappe sono comunicate con tono giocoso e informale, attraverso i social, coerenti con l’anima libera e popolare del brand. Ma Camatti non conosce confini: a ottobre volerà a Hong Kong, protagonista tra i grandi del bartending internazionale al World’s 50 Best Bars. E nel 2026 sarà presente anche alle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina, con una versione tutta innevata dei suoi Giochi. Non finisce qui: la primavera lo porterà addirittura in Australia, perché anche dall’altra parte del mondo c’è voglia di bere bene... e di farlo giocando.
In un tempo che ci vuole sempre più performanti, Camatti ci ricorda che la leggerezza è una cosa seria. E che l’identità non è fatta di etichette patinate, ma di storie vere, tramandate, condivise. Camatti è un amaro, sì. Ma è anche un’idea. È Genova, è l’Italia, è l’amicizia. È un brindisi che fa rumore non per il volume, ma per il sorriso che lascia.
E allora sì, alla fine…tutti sono matti per il Camatti. Ma che bella follia.