Vini | 10 giugno 2025

Sotto il cielo di Milano: lo sguardo di Leonardo e il sorso di Cesarini

Tra architettura e perlage: una sera d’autore con Cesarini Sforza al Castello Sforzesco.

Ci sono eventi che non si limitano a essere ritrovi mondani, ma diventano narrazioni sensoriali, incontri profondi tra luoghi e sapori, tra memoria e visione. Così è stato il 28 maggio scorso a Milano, quando la prestigiosa cantina trentina Cesarini Sforza ha scelto un luogo altrettanto nobile per raccontare la nuova nata della sua scuderia di bottiglie: il maestoso Castello Sforzesco di Milano. Un omaggio implicito già nel nome, quasi un’eco che viaggia tra le Alpi trentine e la città meneghina, tra la pietra fortificata dei Visconti e la freschezza di un perlage raffinato. L’uno, con la sua storia di potere e bellezza; l’altra, con la sua arte enologica nata dall’altitudine e dal tempo. Due visioni della nobiltà: quella eretta in mura, quella costruita in bottiglia.

Una passeggiata sopra Milano, sospesi tra storia e orizzonte

L’evento, riservato a un gruppo selezionato di giornalisti del settore enogastronomico, si è aperto con una visita guidata alle Merlate del Castello, una passeggiata elevata che attraversa torrioni e camminamenti antichi. In questo percorso tra cielo e pietra, normalmente inaccessibile al grande pubblico, gli ospiti hanno potuto osservare Milano da un punto di vista inaspettato, tra il fascino delle torri medievali e l’orizzonte frastagliato dai grattacieli contemporanei. Un equilibrio visivo tra passato e futuro, tra l’eleganza della storia e la vitalità del presente. Una scenografia perfetta per predisporre i sensi all’incontro successivo: quello con i vini Cesarini Sforza. Probabilmente per chi vive a Milano, è ancora più stimolante riscoprire luoghi iconici come il Castello Sforzesco, andando oltre il semplice attraversamento del maestoso ingresso o l’ammirazione veloce, talvolta distratta, del suo cortile.

 Troppo spesso lasciamo queste meraviglie all’appannaggio della nostra quotidianità oppure scontate per un pubblico di turismo estero, relegandole alla memoria di ciò che è stato o, peggio ancora, trascurandole perché date per scontate. E così capita che si salga per la prima volta una scalinata che per anni abbiamo ignorato, rivelandosi poi una scoperta sorprendente!

E lo stesso può accadere nell’assaggio di un buon vino, che può passare inosservato in degustazioni frettolose; ben altra cosa è invece il soffermarsi, il concedersi il tempo di esplorare un vino spumante con attenzione, cogliendone le sfumature organolettiche e le note gusto-olfattive, condividendone il piacere con altri, com’è accaduto con Cesarini Sforza: un’esperienza che ci ha portati a scoprire gli angoli più nascosti e suggestivi del Castello, tra stanze in penombra e scorci inattesi, fino a raggiungere uno dei punti più alti e panoramici. Un modo diverso e più consapevole di vivere un luogo—proprio come accade con un grande vino, che va assaporato con rispetto e curiosità.

Il racconto nel calice: Un vino che non è solo un prodotto ma un segno di continuità:

Nella quiete avvolgente del Bar Calicantus, immerso nell’antico cortile interno del Castello Sforzesco, è iniziato un momento sensoriale molto interessante. I calici, riempiti con sapienza e cura, hanno dato voce al territorio trentino, raccontato con passione da Andrea Buccella, che ha presentato in anteprima un nuovo Trento Doc millesimato della vendemmia 2020. Con l’arrivo dell’estate, cresce il desiderio di vivere all’aperto, di condividere brindisi leggeri ma intensi. È proprio in questo spirito che si inserisce la Linea 1673 di Cesarini Sforza, una collezione Trentodoc che rappresenta l’essenza dell’enologia di montagna: quattro etichette – Riserva, Noir Nature, Rosé e Millesimato – ognuna portatrice di una sfumatura diversa del territorio trentino. Tra queste, la 1673 Riserva, realizzata con uve Chardonnay in purezza. Dopo un lungo affinamento – oltre 70 mesi sui lieviti – offre un sorso vibrante, con un naso fruttato e una struttura minerale che lo rende ideale compagno di serate estive a base di pesce e piatti gourmet. Un calice che parla di pazienza, di precisione, di rispetto per i tempi naturali. E poi c’è il 1673 Millesimato Brut, sintesi armoniosa di Chardonnay e Pinot Nero, cresciuti nei vigneti ad alta quota della Val di Cembra. Nel bicchiere, la sua veste paglierina è attraversata da riflessi ramati e da un perlage sottile e setoso. I profumi spaziano dalla mela golden alla pesca bianca, con tocchi più profondi di piccoli frutti e crosta di pane, frutto del lungo affinamento sui lieviti. Una bollicina elegante, strutturata, con una vivace acidità che ne allunga il sorso e lo rende memorabile.

<figure class="image"></figure>Due “Sforza”, un solo spirito

Il Castello Sforzesco e Cesarini Sforza, seppur distanti nella geografia, condividono ben più del nome, con un DNA comune fatto di rigore, visione e bellezza: il primo, costruito come bastione di potere e trasformato nel tempo in culla della cultura milanese, è oggi uno scrigno che conserva secoli di memoria; la seconda, nata nel cuore delle montagne trentine, ha saputo valorizzare la viticoltura d’altura attraverso una lettura contemporanea del metodo classico.

E viene da sorridere immaginando per un attimo Leonardo da Vinci, genio errante e spirito curioso che ha vissuto nel capoluogo meneghino, sorseggiare un Metodo Classico d’alta quota affacciato da una delle Merlate che un tempo frequentava. Se ai suoi tempi fosse esistito un calice firmato Cesarini Sforza, non avrebbe esitato: lo avrebbe studiato, apprezzato, forse anche disegnato. Perché in quelle bollicine ordinate, rigorose e luminose avrebbe riconosciuto una forma di equilibrio perfetto — proprio come nei suoi schizzi, tra proporzione e invenzione. D’altronde, per chi cercava la bellezza ovunque, la meraviglia poteva benissimo anche trovarsi dentro un calice.

Fulvio Tonello