C’è una vetrina a Varese che non cambia perché non cambia la Varese che la ama.
C’è una storia a Varese che ogni volta che la racconti scopri qualcosa di nuovo (succede quando si diventa leggenda).
C’è che c'è... il Golden Egg. E allora basta la parola. Anzi, le parole.
Stavolta la rubrica è quasi un pretesto, sebbene il protagonista odierno chiami al suo interno un posto di diritto: è solo una scusa per entrare, farsi inebriare un poco da quel profumo intenso di piastra, sentire le papille gustative ululare e richiamare attenzione, farsi una birra e due chiacchiere con il narratore principe di questa favola tutta salsa e cuore di palma - Fulvio Solari - e lasciarsi andare ai ricordi.
Che son tanti, attenzione: l’anno prossimo l’Uovo D’Oro della Città Giardino scriverà 50 sulla carta d’identità…
La storia: dal Gasperini al Franco (e Vladimiro)
Per esempio: chi sa o chi si ricorda quando è davvero nato il panino più famoso di Varese? Fulvio, tra uno sguardo e l’altro a pareti che anche nell’ultima versione non lesinano pezzi unici che danno profondità all’amarcord (come la vecchia insegna, le foto o la prima lista dei panini…), riapre il libro che per quasi tre quarti è anche quello della sua vita: «Il Golden Egg apre ufficialmente nel 1975, in via Avegno 15, qui a fianco. Fu inaugurato da un certo Gasperini, appartenente alla famiglia che produce pipe, a Luvinate. All’epoca i panini erano solo sei. Nei primi cinque anni il locale cambiò tre o quattro gestioni, poi stette nelle mani di due soci di Luino, Franco e Vladimiro, fino all’ottobre 1985, quando lo rilevarono i miei suoceri e mia moglie. Io sono arrivato nel 1993».
Perché Golden Egg, si sarà sempre chiesto qualcuno? «Il nome lo scelse il primo proprietario, probabilmente trovando ispirazione da un viaggio a Londra. Noi lo abbiamo ereditato e mantenuto, perché il modo in cui abbiamo sempre tagliato il pane ricordava l’uovo…».
La famiglia: tre generazioni dietro a un Palmito
“I miei suoceri” non sono nessun altro che loro, Enrico e Teresa Salina, cioè un baffo silenzioso e (solo apparentemente) ombroso a presiedere il “montaggio” delle prelibatezze e un sorriso dietro la cassa, alternato con quello di Barbara. Cambia poco saperne il nome: insieme “al Fulvione” si tratta di personaggi ormai familiari per migliaia di persone. «”Zitti e lavurà” è sempre stato il nostro motto. Sì, mio suocero Enrico (oggi in pensione) era molto silenzioso, ma non perché fosse un burbero, tutt’altro: era semplicemente molto concentrato, il silenzio gli serviva per ricordarsi i panini da preparare…».
Oggi in via Avegno è arrivata la terza generazione, rappresentata da Federico e Lorenzo, i figli di Fulvio e Barbara. Nel 2018, all’avvento di Federico dopo gli anni al De Filippi, le tre ere del Golden Egg per sette mesi hanno lavorato uno di fianco all’altra. In piena armonia: «Difficile lavorare in famiglia? Non è vero, l’importante è che ognuno faccia il suo, senza invadere il campo degli altri».
Solo così si permette alla Storia (con la S maiuscola) di proseguire: «Federico è un treno: è uguale a me e mio suocero. Con lui c’è Lorenzo, il mio secondo, che ho messo in regola da maggio ma che sta ancora finendo la quinta superiore. Siamo una catena: uno al taglio, l’altro all’imbottitura, l’altro all’affettatrice, Barbara alla cassa».
Gli orari: c’era una volta la notte
«Nel 1993, quando ho iniziato, aprivamo alle 11.30 e andavamo avanti fino alle 2 di notte, al venerdì e al sabato anche fino alle 3. Oggi chiudiamo a mezzanotte, ma siamo contenti lo stesso» racconta Fulvio, che in questi orari modificati certifica un mondo giovanile - il popolo della notte - che non ha più gli stessi canoni, le stesse possibilità e nemmeno le stesse voglie: «Ai tempi in discoteca si andava alle 22.30 e si usciva intorno all’1, 1.30: a quel punto un bel panino prima di andare a casa era la regola e da noi veniva gente da ogni parte della provincia di Varese. È per questo che tenevamo la saracinesca alzata fino alle 3. Oggi non è più così: un po’ i ragazzi vanno molto più tardi a ballare, e un po’ non si muovono più da un punto all'altro come prima, stante soprattutto i controlli che vengono giustamente fatti alla guida… Dal 2010-2011 il lavoro notturno ha dunque iniziato a calare».
I clienti/1: Il Golden è una cultura che si tramanda
Fulvio non si fa cruccio della abitudini non più corrispondenti a quelle di una volta… Ciò che conta è altro: «Mi interessa che i clienti ritornino, e accade sempre. Il Golden Egg è una cultura che si tramanda, ha successo perché ricorda la propria infanzia: ho visto intere famiglie passare, il ragazzino che arriva da adolescente, torna da padre con i suoi figli e ritorna da nonno con i suoi nipoti. Io devo solo dire grazie a tutti, varesini e varesotti: sono da 50 anni insieme a noi e ogni volta che escono da quella porta, se ne vanno via felici. Sono queste le vere soddisfazioni».
I clienti/2: quelle “tre ragazze” dietro al bancone…
Il ricambio generazionale c’è, l’essere rimasto punto di riferimento serale - qualsiasi sia l’evento in città (dalla partita di basket o di hockey al cinema o al teatro) - pure, e la soddisfazione dei clienti è sempre la stessa, anche nell’era delle “recensioni”: «Me ne fanno tante e sono quasi tutte buone. Quelle negative che ogni tanto appaiono non le guardo: quando ancora c’erano i miei suoceri, ogni tanto si rispondeva, ma per me i numeri giornalieri sono l’unica cosa che conta. Certo, poi scopri che alcune recensioni sono completamente inventate, come quello che una volta ne ha scritta una lamentandosi delle “tre ragazze dietro al bancone…”. Ma come? Dietro al bancone c’è sempre stata solo la mia famiglia…».
I clienti/3: il rispetto per chi lavora.
Golden Egg è anche una magia che riesce solo probabilmente all’0,9% dei locali di tutto il mondo: se c’è da aspettare, non ci si lamenta… «Mi ricordo l’ultimo falò di Sant’Antonio, la fila andava fuori dalla porta… Le persone, però, attendevano, entravano e non dicevano una parola, perché vedevano che non alzavamo nemmeno la testa dal banco per quanto eravamo impegnati. Ci guardavano e ci lasciavano lavorare in pace. È anche per tale motivo che abbiamo voluto la paninoteca a vista: chiunque entra sa quello che stiamo facendo e capisce che l’attesa, quando è necessaria, è giustificata».
Ciò non toglie che per Fulvione & co la velocità sia di rigore: «La esigo, la sto trasmettendo anche ai miei figli. Così come la precisione: ogni panino deve sempre essere fatto nella stessa maniera, la salsa in un modo, il pomodoro in un altro, eccetera… Ci tengo tantissimo».
I panini: sta per arrivare il “Federico”
A proposito di panini: «Quello che vendo di più? Al primo posto c’è sicuramente il Palmito ((prosciutto crudo, cuore di palma, paté, pomodoro, salsa) che qualcuno ha anche tentato di copiarmi negli anni. Poi viene l’Elbrus (speck, fontina, salsa, pomodoro). In generale l’80% dei clienti prende sempre lo stesso panino: quando vedo arrivare uno dei nostri habitué, so già cosa mangerà… Il mio preferito? Direi il Golden Egg (cuore di palma, asparagi, maionese e uovo)».
Negli anni la “mitica” lista ha visto aggiunte rare e ben ponderate: ecco allora il "Barbablu" (crudo, philadelphia, zucchine), per festeggiare una delle vittorie di Fulvio nell’amato rally, disciplina in cui si destreggia da navigatore di grandi piloti, il “Fiorino” (tacchino o bresaola, mozzarella, insalata, pomodoro, maionese), dedicato al Fiorino che ha reso possibile il trasloco dal vecchio al nuovo locale, e il Brutale, anch’esso ad assecondare la passione per i motori e un raduno motoristico che si era tenuto in città. Presto arriverà anche il “Federico”, in onore del nuovo che avanza: «Sarà culatello, mozzarella, asparagi e maionese».
Il segreto è la bontà. Ma per arrivare alla bontà, prima c’è una scelta da non sbagliare: «I miei fornitori? Non sono mai cambiati: il panificio Famlonga di viale Belforte e Sacro Monte Salumi di Olginasio, oltre agli altri».
Il covid e la città: «Per me Varese è sempre la stessa»
Naturale chiedere un parere su Varese a chi da 31 anni ha uno sguardo privilegiato sul suo centro: «Per me non è cambiato nulla: non sono cambiate le persone, non è cambiata la bellezza o meno della città. È tutto come un tempo, compreso il fatto che dopo le 23 Varese è morta. Poi magari entri qui e trovi ancora 40 persone nel locale, ma siamo un’eccezione».
E nemmeno il covid, nel caso di specie, ha lasciato un’impronta indelebile: «La pandemia ha fatto selezione, ma non da me: i varesini hanno risposto presente anche con l’asporto, poi sono ritornati tutti, tanto che i miei numeri ora sono gli stessi del periodo pre-pandemico. Recupero la notte che non c’è più con il tardo pomeriggio, e a pranzo “macino” per due ore».
Il locale: fatto per essere diverso
Due o tre panchine sparute e tavoli alti senza sedie: perché al Golden Egg non ci sono i tavolini? È tutto studiato: «Abbiamo sempre voluto essere diversi dagli altri: altrove vai e ci passi la serata, qui invece entri, mangi il panino e te ne vai. Punto. Il Golden è sempre stato questo e questo deve rimanere. All’inizio qualche sgabello c’era, ma alla lunga abbiamo visto che intralciavano, soprattutto con il locale pieno».
La festa: un compleanno speciale
Di tutta questa storia che ogni volta che la racconti scopri qualcosa di nuovo, l’anno prossimo verrà messo un punto e virgola molto speciale: nel 2025 saranno 50 anni di attività. Cosa ci aspetta? Per un’ultima volta parola al Fulvione: «Per noi sarà l’occasione per ringraziare la città. Ho in mente un anno intero di festa, con gadget da regalare a tutti i clienti e un evento speciale per quelli più stretti».