Proseguiamo la pubblicazione delle ricette che hanno partecipato all’ultima edizione della “Staffetta di cucina Ciochecio” dedicata a Libereso e che comprende ricette di tutto il mondo a base di fiori ed erbe spontanee.
La Staffetta si è svolta dal 20 aprile al 8 maggio con due partecipanti per ogni giorno. Il coordinamento della staffetta è stato curato da Roberto Ferretti, Marisa Saggiotto, Yoko Moryama, Anna Monaldi e Claudio Porchia.
Oggi pubblichiamo una interessante ricetta di Roberto ferretti che è stato uno dei fondatori dell’associazione Cucina Ciochecio e fra i promotori della staffetta. Roberto non è solo un animatore instancabile della Valdaso, e studioso delle tradizioni dele territorio, ma è anche un ottimo cuoco, attento conoscitore delle erbe spontanee. Oggi è pensionato e vive a Petritoli (FM) nelle Marche. Gestisce un B&B di campagna che si chiama “La Scentella”. Appassionato di cucina contadina e di erbe selvatiche, ha conosciuto Libereso nel 2005, che gli ha insegnato la passione per le erbe selvatiche. Da diversi anni si occupa di turismo rurale. Ideatore delle Marche in Valigia, una iniziativa di promozione turistico-territoriale. ho avuto l’opportunità di viaggiare molto per l’Italia e all’estero conoscendo tante persone. Con alcuni amici è fautore di una cucina ecologica, antispreco, semplice, naturale e salutare: la “Cucina ciocheciò”.
“Tajuli pilusi con l’erbe troate” (tagliolini pelosi con le erbe spontanee)
La ricetta che vi presento è legata indissolubilmente alla tradizione contadina del Fermano, nelle Marche del sud. Una volta chiesi a Rosa, un’ultracentenaria di un borgo vicino al mio, classe 1911, cosa mangiava da giovane. Lei mi rispose senza esitare: “mangiavamo li Tajulì Pilusi e moccò d’erbe troate” (Mangiavamo i tagliolini pelosi, perché ruvidi, e un po’ di erbe selvatiche). Nel 2018 la povera Rosa ci ha lasciato. A me nessuno toglie dalla mente che se negli ultimi 50 anni avesse continuato a mangiare “tajulì pilusi ed erbe troate” oggi lei sarebbe ancora insieme a noi.
Purtroppo questo piatto, scomparso da decenni dalla nostra tavola, e le erbe di campo, erano troppo legati alle condizioni di miseria e alla fame in cui versavano i nostri mezzadri di allora.
Li “Tajulì Pilusi” si facevano con farina di tritello, cioè un sottoprodotto della molitura dei cereali, destinato per lo più al bestiame. La massaia di allora la setacciava e ne ricavava una farina un po’ più accettabile, ma la sfoglia veniva sempre ruvida, per questo la chiamavano “pilusi” (pelosi). Il tritello si impastava con acqua e un po’ di sale. Chi se lo poteva permettere usava anche un po’ d’olio.
Una volta si cuocevano dentro un paiolo con l’acqua e si insaporivano versandovi dentro un soffritto con aglio e un po’ di lardo. In estate si aggiungeva anche un pomodoro. Io non li ho fatto in brodo ma li ho conditi con erbe di campo lessati e ripassati in padella con olio, aglio e peperoncino.
Ingredienti: farina di grani antichi (io ho usato la solina) di tipo 2. Un po’ d’acqua tiepida, sale e un goccio d’olio evo. Erbe di campo, aglio e peperoncino.
Procedimento: Impastare la farina con acqua, sale, un po’ d’olio evo. Tirare la sfoglia non troppo sottile. Farla asciugare una mezzoretta e tagliarla come fettuccine.
Le erbe vanno accuratamente lavate, lessate in acqua salata per un quarto d’ora circa. Poi saltate in padella in un soffritto di olio, aglio e peperoncino.
Buttare la pasta in acqua salata bollente, cuocere per 3-4 minuti, togliere dalla pentola e condirli nella padella con le erbe. Chi vuole può aggiungere una spolverata di formaggio pecorino e un giro d’olio.