Cibo | 02 aprile 2024

Genova: la Farinata dei Teatri, che delizia i palati sin dall'Unità d'Italia

Il negozio di piazza Marsala è nato nel 1861 grazie alla famiglia Vaccari. Ci mangiavano Mazzini e Garibaldi, poi sono arrivati gli attori, a cominciare da Gilberto Govi

Genova: la Farinata dei Teatri, che delizia i palati sin dall'Unità d'Italia

Prosegue la rubrica de ‘La Voce di Genova’, le ‘Sciamadde di ieri e di oggi’, dedicata a quelle botteghe tipiche dove si porta avanti la tradizione della cucina genovese. Di ieri perché hanno ancora la sciamadda, ovvero la fiammata del forno a legna (qui la storia); di oggi perché hanno strumenti un filo più moderni ma la stessa passione e lo stesso rigore nella preparazione delle ricette. Ve le racconteremo da Ponente a Levante, passando ovviamente per il centro storico. In un panorama commerciale dove queste botteghe sono sempre più in via destinzione, ci è parsa cosa buona e giusta tenere alta la bandiera della genovesità. Buona lettura e buon appetito. 

Il profumo si diffonde all’aria e, come uno spiritello pestifero, ipnotizza l’olfatto di chi passeggia e, magari con un pizzico di curiosità, osserva il barchile che campeggia al centro di piazza Marsala, dandole quell’aspetto di rotonda che tanti automobilisti mette in crisi.

Non c’è bisogno di interrogarsi da dove provenga: è il forno della Farinata dei Teatri che avvisa della cottura della farinata, delle torte salate, delle pere cotte.

Lo fa dal 1861, dall’anno dell’Unità d’Italia, da quando i signori Vaccari, i bisnonni di Lara Bacigalupo, attuale titolare all’attività, hanno aperto questo piccolo locale.

L’ingresso sormontato da una bellissima insegna rossa si apre su uno spazio accogliente e, oggi come allora, questa sciamadda propone le ricette della tradizione gastronomica genovese, tutte rigorosamente tramandate di generazione in generazione in forma orale.

Nulla, infatti, delle preparazioni della famiglia Vaccari è scritto ma tutto viene affidato alla memoria e alla gestualità: così la torta pasqualina, la panissa, i frisceu e tutto quello che si trova sul bancone vengono preparati come si faceva alla fine del XIX° secolo.

 

 

Ci sono stati i miei zii, poi i prozii, i nonni, i bisnonni. Insomma, tutta la famiglia - racconta Lara, che gestisce il locale assieme a Hector -. Abbiamo deciso di portare avanti la tradizione e per noi è quasi un dovere morale ma lo facciamo con piacere”.

Con prezioso entusiasmo, Lara racconta tanti aneddoti legati alla storia di questo storico locale non dimenticando di partire proprio dalle ricette: “Tutto è stato tramandato oralmente perché cosi volevamo gli zii, non volevano lasciare nulla di scritto per evitare che qualcuno potesse copiare le ricette segrete”.

Spetta a lei, da quindici anni a questa parte, continuare la storia della famiglia: “Prima di lasciarci soli, hanno appurato e accertato che facessimo tutto come andava fatto, come si faceva una volta. Anche il locale è rimasto tale e quale, ancora com’era nel 1861. Stesso forno a legna, stesso bancone. Cerchiamo di mantenerlo così il più possibile”.

A pochi passi dalla sciamadda, si trovano i teatri Duse e Politeama, una vicinanza che ha fatto sì che qui arrivassero tanti personaggi del mondo dello spettacolo. Gilberto Govi, su tutti, è forse la foto (autografata) che più affascina tra le tantissime immagini appese ai muri: “Tutti son passati da qui - prosegue la titolare - Artisti, personaggi famosi, continuano a venire un po’ perché siamo vicini ai teatri ma, quasi sorridendo, sono loro che dicono a noi che siamo famosi. Si passano la voce uno con l’altro su dove andare a mangiare”.

Da qui tanti personaggi illustri sono passati. I primi? Sembra incredibile ma “qui si racconta che abbiano mangiato Mazzini e Garibaldi, poi sono arrivati i personaggi del teatro”.

Nella saletta accanto all’ingresso c’è un piccolo tavolino, dove amava sedersi Fabrizio De André: “veniva qui con Paolo Villaggio. Erano di casa insieme a Tenco, a Bindi. Si sedevano sempre allo stesso tavolo. Dopo aver mangiato imbracciavano la chitarra e iniziavano a suonare. Facevano chiudere la porta ai mei zii ma dalla finestrella la gente li ascoltava e li spiava”.

Scegliere tra le tante prelibatezze è impossibile: “Bisogna assaggiare tutto - continua ridendo Lara - La farinata sicuramente, ma anche le nostre torte, perché sono fatte con la prescinseua, son cotte sulla brace. La torta di bietole, la torta di cipolle, la torta di riso, secondo me sono da assaggiare. Io le vendo con entusiasmo, vanno provate. Anche le pere cotte nel forno a legna, sono un vero e proprio dolce, non sono semplici pere. Sono buonissime le pizzette al tegamino”.

La domanda è d’obbligo: qual è il segreto per fare una buona farinata? “Sono tanti. Ci vuole l’olio buono, la farina di ceci buona, tante piccole accortezze. Poi il forno a legna, senza quello non viene una buona farinata”.

Non resta che lasciarsi affascinare dai sapori, dalla tradizione e dall’atmosfera unica e suggestiva che questo locale ha e che, quasi, fa tremare le gambe.

Ma, come tradizione vuole, serve affrettarsi: nei mesi estivi questo piccolo compendio di storia resta chiuso.

Isabella Rizzitano

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